Il sangue dei vinti. Quello che accadde in Italia dopo il 25 aprile

Libro coraggioso perché nel nostro Paese a parlar male dei fascisti è facile, mentre a svelare le magagne dell'altra parte ci vuole fegato. Eppure bisognava dirlo, e scriverlo, che quelle mele marce rosse, poche rispetto alla massa coraggiosa e vessata per tant'anni dai fascisti, hanno infangato il buon nome che la Resistenza si era meritata col sangue. Lo scopo del libro è anche questo. Unico neo: la mancanza della bibliografia obbliga il lettore a ricavarsela dalla lettura.

Onestamente avrei preferito un taglio storiografico. Il dialogo fra i due personaggi è un espediente narrativo così scoperto e banale da risultare noioso e imbarazzante. Quanto al clamore suscitato dal libro, non lo comprendo, nel senso che mi sembra che la tesi sostenuta sia un'ovvietà: l'Italia post-fascista era funestata dalla guerra civile. Si sa che violenza chiama violenza e che in quei momenti concitati non si guardava tanto per il sottile, per cui alcuni innocenti subirono torture e furono giustiziati, mentre altri, colpevoli, scamparono alla sorte. Da queste affermazioni piuttosto scontate a giustificare il fascismo (senza il quale - ricordiamolo - non ci sarebbe stata la violenza originaria) o a condannare in toto la resistenza, ce ne corre. Mi sembra che si sia voluto attribuire ad un libro mediocre un messaggio strumentale, con lo scopo di aumentare la tiratura di stampa. Per quanto mi riguarda, la lettura si è rivelata una gran delusione. Non lo consiglio.

Storicamente inattendibile. Come romanzo vale poco. Come libro di storia vale nulla poiché non ci sono le note che, indicando le fonti, consentirebbero di verificare l'attendibilità del testo. Tutto ciò che rimane è una storia romanzata che si basa sull'inconsistenza del sentito dire.