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Il processo - Franz Kafka - copertina
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processo

Descrizione


Josef K. condannato a morte per una colpa inesistente è vittima del suo tempo. Sostiene interrogatori, cerca avvocati e testimoni soltanto per riuscire a giustificare il suo delitto di "esistere". Ma come sempre avviene nella prosa di Kafka, la concretezza incisiva delle situazioni produce, su personaggi assolutamente astratti, il dispiegarsi di una tragedia di portata cosmica. E allora tribunale è il mondo stesso, tutto quello che esiste al di fuori di Josef K. è processo: non resta che attendere l'esecuzione di una condanna da altri pronunciata.
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Dettagli

14
1978
27 agosto 1978
264 p., Brossura
9788845903656

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Marco
Recensioni: 5/5

Libro bellissimo. Mi ha stupito e catturato fin dall'inizio. Kafka è davvero un visionario e questo testo lo dimostra certamente. Do cinque stelle non solo per il contenuto, quanto anche per l'edizione meravigliosa. Mi è piaciuta moltissimo

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Sandro Gramm. '74
Recensioni: 5/5

Magnifica traduzione di un'opera straordinaria, un romanzo incompiuto (per nostra fortuna, è meraviglioso così com'è), fortemente perturbante ma in maniera così sottile che quasi non te ne accorgi. Una discesa agli inferi nei labirinti oscuri di un sistema giudiziario mostruoso e perverso (sicuramente una potentissima invenzione fantastica, ma ad essere sinceri non tanto distante dalla resaltà), opera capolavoro di uno scrittore talmente avanti rispetto ai suoi tempi, da non essere stato compreso in vita.

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Marcus
Recensioni: 5/5

Nel Processo non si trova solamente l'angoscia di chi si sente in balia di una società troppo macchinosa per poterne venire a capo, e non c'è solo l'impossibilità di sostenere la condizione esistenziale dell'uomo, abbandonato e giudicato in nome di leggi sconosciute. Qui si racconta anche l'impossibilità di essere serenamente se stessi, la paura e la sconfitta di ciascuno e la caduta che nessuno può fermare. Edizione curata di un testo imperdibile, che si riaffaccia alla mente per mesi e per anni, saltando fuori con la sua voce in tante situazioni assurde nelle quali ci si imbatte nella vita. Consiglio vivamente la lettura di simile testo, da cui indubbiamente abbiamo solo da imparare.

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Recensioni

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Voce della critica

KAFKA, FRANZ, Il processo (traduzione di Giorgio Zampa), Adelphi, 1983

KAFKA, FRANZ, Il processo (trad. di Primo Levi), Einaudi, 1983

KAFKA, FRANZ, Il processo (trad. di Clara Morena), Garzanti, 1984
(recensione pubblicata per l'edizione del 1983)recensione di
Casalegno, A., L'Indice 1984, n. 3

È uscita una nuova traduzione del "Processo", con una bella e difficile introduzione di Ferruccio Masini, e viene ad affiancarsi a quelle di Primo Levi, che apre l'ultima collana Einaudi, di Giorgio Zampa, di Ervino Pocar (Mondadori) e alla prima e per questo particolarmente meritoria di Alberto Spaini (1933). L'idea di confrontarle è nata insieme a una sensazione di sconcerto: può un testo così unico e compatto esistere in tre, quattro, cinque forme diverse? È davvero possibile?
L'ovvio non dovrebbe stupire. Se il testo (tanto più d'arte) è assoluto, eterno, immutabile, non gli si può togliere n‚ aggiungere nulla, la traduzione, testo di secondo grado, relativa nella sua essenza, perpetuamente in balia del contingente, delle ragioni, sempre arbitrarie e sfuggenti, della pratica e del gusto individuale, può essere replicata all'infinito, nessuna è più autentica di un'altra. Ma questo non è paradossale, almeno per questo libro, almeno per "Il Processo" ? L'avevo letto, o meglio divorato, nella traduzione di Spaini. L'ho riletto, anzi, ridivorato, in quella di Clara Morena e poi di Levi e di Zampa, che non conoscevo per intero. Alla fine ho preso in mano il testo di Kafka e, man mano che andavo avanti, che leggevo e confrontavo capivo che non sarei mai riuscito a parlare delle traduzioni del "Processo". E neppure a confrontarle.
Non riesco a leggere "Il Processo" se non tutto d'un fiato. E, letta tutta d'un fiato, una traduzione vale l'altra, e non è confrontabile con nessun'altra. Per fare confronti bisogna soffermarsi, isolare delle frasi, paragonarle una per una fra loro e con l'originale. L'ho fatto, e si è rivelata un'operazione insensata. Così, del "Processo" non rimane niente. Presa nel suo insieme, una traduzione è pur sempre un "Processo", se non di Kafka, di Primo Levi o di Zampa. Le frasi isolate non sono più nulla. Più leggevo, più confrontavo, meno mi pareva di capire.
Una traduzione è un organismo vivo, non si può sezionare così. Constatazione insopportabilmente banale. Come se non l'avessimo sempre saputo. Neppure il confronto con l'originale, parola per parola, migliora le cose. Ogni traduzione è un impasto di aderenza e di infedeltà che crescono impercettibilmente secondo una scala arbitraria, fatta di sfumature, di sensazioni effimere, di idiosincrasie. Certe soluzioni convincono, altre meno, ma per ragioni che non hanno niente a che vedere con Kafka. Sono ragioni estrinseche, è più onesto ammettere che "fedeltà" è un concetto indefinibile, oltre che vago. Una delle tre versioni, per esempio, non rispetta i capoversi. È infedeltà? In senso pedantesco certamente sì. Ma di per sé non significa nulla. Ha significato solo insieme a tutto il resto. Una sola cosa, insomma, avrebbe significato: il confronto globale e istantaneo fra tutto il testo e tutta la traduzione, come fra due persone che stanno una accanto all'altra, per vedere se si assomigliano. Il confronto analitico delle frasi può servire tutt'al più come autopsia.
Ho dovuto ammettere che avevo perso tempo inseguendo una chimera. Per giustificarmi, volevo almeno cercare di far capire lo sconcerto da cui ero partito. Ma come? Avrei dovuto riempire pagine e pagine. Le frasi brevi non possono dare un'idea dei rispettivi testi, e isolare dei brani "significativi" significa aggiungere arbitrarietà ad arbitrarietà. Dopo molti tentativi, ho deciso di provare; prendendo tutte le frasi dal primo capitolo, con l'arresto di Josef K. e il successivo colloquio serale tra K. e la sua affittacamere, per attenuare, se non altro, il carattere arbitrario della scelta. Le tre versioni si susseguono nello stesso ordine, che non è quello in cui sono state scritte (Zampa, Levi, Morena), ma è venuto fuori a casaccio. Non è neppure un ordine di preferenza, perché non ce l'ho.

I. a) Lui aveva sempre avuto tendenza a prendere le cose per il loro verso, ad accettare il peggio solo quando il peggio era arrivato, a non prendere provvedimenti per l'avvenire neppure quando l'avvenire si prospettava carico di minaccia.
b) Era sempre propenso a prendere ogni cosa con disinvoltura, a credere al peggio solo quando il peggio era arrivato, a non farsi preoccupazioni per il futuro, neanche quando si presentava minaccioso.
c) Per natura era pronto a non dare mai gran peso alle cose, a credere al peggio solo quando vedeva il peggio, a non preoccuparsi per il futuro, neppure quando tutto si tingeva di nero.

II. a) "È diventato matto? Non vorrà presentarsi all'ispettore in camicia! Le farebbe dare un fracco di legnate, non solo a lei ma anche a noi!".
b) "Che le salta in mente?" esclamarono. "Vuole presentarsi in camicia da notte davanti all'ispettore? La farebbe bastonare, e noi con lei!".
c) "Che Vi viene in mente?" gridarono quelli. "Volete presentarvi in camicia davanti all'ispettore? Vi farebbe bastonare bene, e noi con voi!".

III. a) "D'altro canto, è escluso che la cosa possa essere veramente importante. Lo deduco dal fatto che sono accusato pur senza aver commesso la minima colpa che possa dar luogo a un'accusa".
b) "D'altra parte la faccenda non può nemmeno avere molta importanza. Lo deduco dal fatto che sono accusato, ma non riesco a trovare la minima colpa di cui mi si possa accusare".
c)"D'altra parte, però, è vero che la questione non può avere molta importanza. Desumo questo dal fatto che io sono accusato, ma non posso trovare la più piccola colpa per la quale mi potrebbe accusare".

IV. a) "Per conto mio, la soluzione migliore sarebbe di non stare più a strologare se quanto avete fatto era legittimo o illegittimo, e riconciliarci con una buona stretta di mano".
b) "Sono del parere che la cosa migliore sia non stare più a chiedersi se il vostro modo di procedere sia stato legittimo o illegittimo, e chiudere qui la cosa e riconciliarci con una stretta di mano".
c) "Sono convinto che la cosa migliore sia non pensare più alla legittimità o illegittimità del loro modo di agire, e chiudere pacificamente la cosa con una stretta di mano".

V. a) "Allora il regime d'arresto non è poi così rigido", disse K. avvicinandosi all'ispettore. "Non ho mai detto che dovesse esserlo".
b) "Allora lo stato d'arresto non è poi così male", disse K. avvicinandosi all'ispettore. "Non ho mai voluto dire altro", fece quello.
c) "Allora lo stato di arresto non è tanto male", disse K. avvicinandosi all'ispettore. "Non ho mai inteso dire altro" fece quello.

VI. a) "Quando uno viene arrestato alla maniera dei ladri, allora sì che è brutto, ma nel suo caso... Ecco, il suo caso mi sembra una di quelle cose da gente istruita, sì, mi scusi se dico una sciocchezza; una cosa da gente istruita, che io non capisco, ma che nessuno dovrebbe capire".
b) "Se uno viene arrestato come un ladro, allora sì che è brutto, ma questo arresto... Mi sembra qualcosa da gente istruita, mi scusi se dico una sciocchezza, una cosa da gente istruita, che io non capisco, ma che nemmeno si è tenuti a capire''.
c) "Quando uno è in arresto come un ladro, è grave, ma il suo arresto... Mi sembra una cosa da sapienti, mi scusi se dico una cosa stupida, mi sembra una cosa da sapienti, che non capisco, ma che d'altra parte non debbo neppure capire".

VII. a) "Va bene, son cose passate, non avrei neppure voluto parlargliene, ma mi interessava il suo giudizio, il giudizio di una donna sensata, e sono contento che ci troviamo d'accordo. Qua la mano, un'armonia di sentimenti come questa bisogna confermarla con una buona stretta di mano".
b) "Beh, ora è passata, e veramente non volevo nemmeno più parlarne, volevo solo sentire il suo giudizio, il giudizio di una donna di buon senso, e sono proprio contento che ci troviamo d'accordo. Ora deve darmi la mano, questo nostro accordo ha da essere confermato da una stretta di mano".
c) "Ma ora è passata, e io non ne volevo neppure più parlare, volevo solo sentire il suo giudizio, il giudizio di una donna assennata, e sono molto contento che la pensiamo allo stesso modo. Ma ora deve darmi la mano, un simile accordo va confermato con una stretta di mano".

Sono delle frasi qualunque, insufficienti per farsi un'idea, e già troppe per non annoiare. Forse avrei dovuto scegliere le frasi memorabili, che hanno fatto epoca, forse è su quelle che bisogna misurare una traduzione. Ma nel "Processo" non ce ne sono, se non apparenti. Se ha fatto epoca, lo ha fatto con ogni frase, nessuna esclusa. Confrontare queste frasi con l'originale, parola per parola, sarebbe un'inutile pedanteria. Potremmo ricavarne, tutt'al più, questa ovvietà: le soluzioni più efficaci sono le più semplici e le più aderenti. E se ne trovano, più o meno equamente distribuite, in tutte e tre le versioni. Se dicessi che tradurre "Dann ist das Verhaftetsein nicht sehr schlimm" con "Allora essere in arresto non è molto grave" mi sembra più semplice e aderente, che cosa potrei dimostrare? Sui miei "mi sembra" sono il primo a non fare affidamento, anche se poi, all'atto pratico, non ho altra scelta. Il fatto è che io non me la sarei sentita di affrontare "Il Processo", e tutto ciò che posso dire rischia di essere il frutto, parassitario, di invidia e di impotenza. L'avvoltoio non è un animale simpatico, ma almeno non lacera organismi viventi.
Perciò non mi resta che raccomandare di leggere "Il Processo" tre volte, cominciando dalla traduzione che si preferisce, possibilmente di getto, e soprattutto senza fare confronti.

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Conosci l'autore

Franz Kafka

1883, Praga

Franz Kafka è stato uno scrittore boemo di lingua tedesca. Viene ricordato come uno scrittore che è stato capace di influenzare la letteratura e l'immaginario del mondo intero. Figlio di un agiato commerciante ebreo, ebbe col padre un rapporto tormentato, documentato nella drammatica "Lettera al padre" (1919). Il fidanzamento con Felice Bauer, interrotto, ripreso, poi definitivamente sciolto, la relazione con Dora Dymant, con cui convisse dal 1923, testimoniano l'angosciata ricerca di una stabilità sentimentale che non fu mai raggiunta. Intraprese lo studio della Giurisprudenza, si laureò nel 1906 e si impiegò in una compagnia di assicurazioni. Malato di tubercolosi, soggiornò per cure a Riva del Garda (1910-12), poi a Merano (1920) e, da ultimo, nel...

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